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La famosa frase “il cliente ha sempre ragione” deve essere stata coniata da un cliente. Oppure, più verosimilmente, da un capo, con l’intento di far capire ai dipendenti l’importanza di soddisfare il cliente.

Invece no.
Il cliente ha sempre torto.

Intendiamoci, non voglio dire che bisogna andargli contro.
In una società ultra-competitiva come la nostra, in cui in qualsiasi settore si è raggiunto il livello massimo di qualità del prodotto e del servizio, sfido chiunque, dal manager al panettiere, a non avere una customer care altrettanto competiva.

Quello che intendo e che se un individuo si rivolge ad un altro chiedendogli, in cambio di denaro, di svolgere un lavoro per lui, è di tutt’evidenza che non sia in grado di farlo da solo.
Per tanto qualsiasi critica, figlia dell’incompetenza e non argomentata, non deve condizionare il lavoro del professionista.

Il cliente può, e deve, fornire indicazioni riguardo alle sue esigenze, a quello che si aspetta dal nostro lavoro e anche alle paure che ha. A chi non è capitato di mettere su un progetto di comunicazione, o anche solo di realizzare una grafica di un post per i social, per poi sentirsi dire dal cliente che “così sembra che il nostro prodotto abbia tale difetto”, oppure “così sembra che il personale non parli italiano”, (spesso le obiezioni sono molto fantasiose) insomma cose alle quali il creativo non aveva pensato, ma che al cliente stanno molto a cuore. Ed è giusto così, per carità! Fa parte tutto del brief.

Quello che non è giusto è quando il cliente ritiene di poter dettare, imporre, disapprovare il lavoro che egli stesso ha commissionato. Dal mio punto di vista il concetto stesso di “approvazione del cliente” andrebbe abolito e sostituito con “approvazione del target group”.

Non deve piacere al creativo, non deve piacere al cliente. Deve FUNZIONARE, ossia deve portare conversioni nel target group di riferimento.